Psicologia scolastica
Numerosi studi provano come l’apprendimento sia notevolmente influenzato dalle connotazioni affettive ed emotive che l’accompagnano (Moè, 2011): basti pensare al ruolo della motivazione, della soddisfazione (o frustrazione) del bambino nei confronti di esso. Parallelamente all’acquisizione di concetti, avviene infatti l’apprendimento della cosiddetta “forma mentis”, ovvero di quei modi di pensare e ragionare che accompagneranno l’alunno anche fuori dal contesto scolastico. Questo tipo di apprendimento può essere definito in termini di “formazione del carattere”. E’ facile intuire come uno squilibrio grave tra l’area cognitiva e quella emotiva-socio-affettiva o la loro separazione, possa portare a un serio impoverimento dell’esperienza di apprendimento dell’alunno. A livello scolastico si verifica spesso il predominio dell’area cognitiva su quella emotivo-socio-affettiva, che invece ricopre un ruolo prettamente collaterale.
D’altra parte è anche l’aspetto cognitivo, ovvero il pensiero, che influisce sulle nostre emozioni(link emozioni). Al di là infatti delle reazioni emotive immediate, come ad esempio nei casi di pericolo, il mantenimento di stati emotivi prolungati avviene nella maggior parte dei casi con la mediazione del pensiero. Quindi, aldilà di questi casi, non sono solo gli eventi in sé a determinare il nostro stato emotivo (e la risposta di stress), ma anche, e aggiungerei soprattutto, il giudizio che formuliamo su di essi. Pensieri non adeguati (o irrazionali) relativi agli eventi ci porteranno a sentimenti inadeguati e di conseguenza a reazioni inappropriate.
Vediamo quindi come i due livelli emotivo ed emotivo siano fortemente intersecati. Pertanto, nell’ottica di un’educazione efficace, le due dimensioni, andrebbero viste l’una al servizio dell’altra.
Quello che ci si auspica è quindi un’educazione che miri anche alla promozione del pensiero razionale, che inviti al ragionamento piuttosto che all’abbandonarsi all’impulsività di fronte a situazioni stressanti come può essere una verifica. Questo tipo di educazione si basa sui principi della psicoterapia cognitivo comportamentale, che può quindi rivelarsi estremamente utile nel caso di problematiche scolastiche, anche attraverso il suo correlato educativo, ovvero l’Educazione Razionale emotiva(link a educ emoz emot).
Secondo l’opinione comune saremmo motivati verso compiti ed attività che riusciamo a svolgere con successo e, al contrario, se una cosa ci risulta difficile cercheremmo di sbrigarla più velocemente possibile e senza impegnarci troppo. E cosa dire di quei bambini che si applicano proprio in quelle attività in cui si sentono meno competenti? In realtà infatti non è solo la consapevolezza del successo o dell’insuccesso a renderci motivati o meno verso un determinato compito. La motivazione dipende infatti anche dal valore assegnato a quest’ultimo. Alla luce di ciò, in ambito educativo non si può puntare solo allo sviluppo delle competenze, ma si dovrebbe anche incentivare un adeguato sistema di valori. Il valore di un compito può riferirsi a vari aspetti intriseci o estrinseci, ovvero, un compito può essere rilevante sia per le emozioni che suscita in noi sia per la definizione del concetto di sé o per altri motivi che non riguardano il compito stesso (Cacciamani, 2002). I bambini imparano fin dall’età di tre anni a dare delle spiegazioni ai propri successi e insuccessi. Tali spiegazioni possono essere interne (dipendenti da sé), o esterne (dipendenti dall’ambiente), stabili (sono bravo) o instabili (sono stato fortunato), controllabili (non mi sono impegnato anche se avrei potuto farlo) o non controllabili (es. la maestra mi ha chiesto una cosa che io non sapevo). Con il passare del tempo i bambini sviluppano una modalità tipica di reagire di fronte a un buon risultato o ad un fallimento e questa modalità è nota come “stile attributivo” e può essere pervasivo o riguardare solo alcuni ambiti. E’ noto che alcuni stili attributivi predispongono maggiormente l’alunno a problematiche di ansia, umore e autostima.
Ciò che contraddistingue il disturbo ansioso(link disturbo ansia) è la comparsa di una risposta inadeguata da stress(link stress) nei confronti di uno stimolo, sia quando esso è presente, sia quando non è immediatamente minaccioso. A livello neurale la risposta abnorme corrisponde ad una attivazione inappropriata dell’amigdala, che è il luogo in cui lo stimolo viene analizzato.
Le conseguenze della risposta da stress nei confronti dello stimolo minaccioso, che in questo caso potrebbe essere la scuola, consistono in:
- Comportamento di evitamento
- Aumento della vigilanza e dell’attivazione mentale
- Attivazione della divisione simpatica del sistema nervoso autonomo
- Rilascio del cortisolo da parte delle ghiandole surrenali
Di conseguenza è facile intuire come l’ansia sottragga importanti risorse cognitive utili all’apprendimento (Fedeli, 2006).
Ai fini del trattamento è importante sottolineare che la relazione stimolo-risposta come può essere rafforzata dall’esperienza può anche essere indebolita. In questo senso, le tecniche comportamentali risultano molto efficaci.
Per umore si intende la disposizione affettiva di base che caratterizza un individuo. E’ noto come spesso i disturbi d’ansia coesistano con quelli dell’umore; essi, infatti, sono entrambi caratterizzati da una iperattivazione dell’asse dello stress(link stress) (Boschetti, 2008).
Anche nel caso dei disturbi dell’umore si è rivelata efficace la psicoterapia, soprattutto quella cognitiva(link CBT) che agisce sulla capacità di stabilire un controllo cognitivo sugli schemi di pensiero che guidano e determinano la risposta di stress.