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Le emozioni

Cosa sono le emozioni? Le emozioni accompagnano l’uomo (e i primati) in ogni momento da sempre e fin dai tempi antichi i pensatori hanno cercato di rispondere alla domanda “cosa sono le emozioni?”.

Nel suo libro L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (Darwin, 1872) Darwin già aveva intuito come gli uomini e gli animali avessero in comune alcune espressioni facciali che riflettono alcune emozioni.

Ad esempio, un lupo che mostra le zanne utilizza gli stessi muscoli facciali di un essere umano che si sente minacciato. Infatti, la medesima fisiologia di base delle emozioni si è tramandata all’infinito nel corso dell’evoluzione della specie. Sulla base di questa intuizione, Darwin ipotizzava che le emozioni fossero la chiave della sopravvivenza. Le emozioni sono infatti essenziali e collegate in modo inestricabile alle origini della specie e alla sua evoluzione.

Un altro studioso che si è occupato delle emozioni è Paul Ekman il quale, nel 2008, mise a punto uno studio in un remoto villaggio della Papua Nuova Guinea, per verificare se anche tra gli abitanti del posto fossero riscontrabili le medesime emozioni provate da altri popoli (Ekman, 2010). In effetti così era, tanto che, come egli scrisse, i Fore, la popolazione indigena locale, nell’osservare lo stesso Ekman che mangiava un cibo da loro sconosciuto, mostrarono l’espressione del disgusto. E questa fu solo una delle varie emozioni che mostrarono di avere in comune insieme a rabbia, paura, tristezza, gioia, sorpresa e disprezzo. Ekman definì queste emozioni “emozioni primarie” o “di base”, proprio perché sono innate e riscontrabili in ogni popolazione, nonché negli animali. Dalla combinazione delle emozioni primarie, nascono quelle che Ekman definì “emozioni secondarie”, che si sviluppano con la crescita dell’individuo e con le interazioni che questo ha con l’ambiente. Tra queste troviamo l’allegria, l’invidia, la vergogna, l’ansia, la rassegnazione, la gelosia, la speranza, il perdono, l’offesa, il rimorso, la nostalgia e la delusione.

Le emozioni di base erano presenti già nei primi mammiferi comparsi sulla terra ed hanno consentito loro di evolversi fino all’uomo, ma è solo in quest’ultimo che le emozioni possono essere gestite in modo razionale.

Mc Lean, nella sua Teoria del Cervello Triuno (1990), evidenzia come la struttura del cervello umano sia costituita da tre differenti livelli evolutivi che ereditiamo filogeneticamente dai rettili, dai mammiferi e dai primati e che rappresentano la base anatomica dei Sistemi Motivazionali Interpersonali. Il cervello umano sarebbe infatti composto dal cervello rettile, che gestisce la coscienza corporea-istintiva e provvede alle funzioni e attività vitali di base e di sopravvivenza; dal cervello mammifero-limbico, che gestisce le funzioni di comunicazione e relazione sociale e influenza le azioni più istintive tramite le emozioni e l’affettività (Bear et al., 2009). La terza e ultima componente del cervello umano è la neocorteccia. Quest’ultima è prerogativa dell’essere umano, che attraverso essa è in grado di gestire, oltre che percepire, la coscienza mentale e le emozioni. Questa capacità dell’uomo è ciò che ci consente di utilizzare il pensiero simbolico, di progredire nella scienza e nella cultura (Bottaccioli, 2005). La neocorteccia sta infatti alla base della nostra capacità di ragionare e riflettere sul nostro mondo interiore (meta-cognizione), è il presupposto per ogni psicoterapia (Siracusano e Rubino, 2006).

Lo studio della coscienza è stato legittimato soltanto a partire dagli anni Ottanta quando Francis Crick, premio Nobel per la scoperta del DNA e pioniere delle neuroscienze, affermò che “la coscienza rappresenta un legittimo campo di indagine scientifica”. Prima infatti, a partire dal ‘600, la scienza si era sviluppata con un’attitudine fortemente materialista e riduzionista, improntata al vecchio paradigma dicotomico cartesiano, che separava la materia dallo spirito e il corpo dalla coscienza. All’epoca si parlava infatti di “scienza senza coscienza” (Bottaccioli, 2005). Una volta sancita la possibilità di studiare la coscienza, le emozioni furono un argomento che attirò l’interesse di molti studiosi, come attestano le numerose teorie che cercano di rispondere al nostro interrogativo iniziale: “cosa sono le emozioni?”.

E’ stato detto che si dividono in primarie e secondarie, che si sono rivelate fondamentali fin dai tempi antichi, che accomunano l’uomo e gli animali, ma non ho ancora risposto a questa domanda. Pur essendo le emozioni così apparentemente semplici da definire, essendo familiari a tutti, in realtà credo che esse rappresentino un concetto molto complesso, in quanto svolgono numerose funzioni. Ho deciso di procedere illustrando le più importanti teorie su di esse, in quanto ognuna ne sottolinea un aspetto fondamentale.

Le emozioni come informazioni

Condance Pert fu una delle prime neuroscienziate ad occuparsi della biochimica delle emozioni, a partire dalla scoperta che fece sui recettori degli oppioidi. Pert dimostrò l’esistenza di questi recettori nel cervello che attraverso un sistema peptide-recettore specifico che caratterizza il sistema nervoso, il sistema endocrino e il sistema immunitario (Pert, 2005) trasmettono l’informazione nervosa dal Sistema Nervoso Centrale a quello Periferico e viceversa. Alla luce di questa funzione che hanno i neuropeptidi, definiti dalla stessa Pert “molecole di emozioni”, possiamo definire le emozioni come informazioni, in quanto permettono al nostro corpo di comunicare al suo interno e con l’esterno.

Oltre a quella individuata da Pert, sono state individuate altre importanti funzioni informative delle emozioni e possiamo così riassumerle:

  • Le emozioni come segnali informativi sulla propria persona. Ad esempio l’ansia di un alunno di fronte a un’interrogazione informa il ragazzo stesso del fatto che la propria autostima è soggetta a possibili cambiamenti (Fedeli, 2006).
  • Le emozioni come segnali informativi sulle attività intraprese: in questo caso l’emozione fornisce delle informazioni sul successo o sul fallimento delle attività in cui siamo impegnati. Ad esempio l’ansia, in questo senso, potrebbe indicare l’incapacità del soggetto di portare a termine la sua attività (Fedeli, 2006).
  • Le emozioni come comunicazione intra-sistemica. Questa funzione è quella che ha destato maggiore interesse ed è il risultato degli studi di Oatley e di Johnson-Laird (1987). In questo senso le emozioni avrebbero il fondamentale ruolo di coordinazione tra i moduli del sistema cognitivo individuale (Fedeli, 2006).

Queste tre funzioni hanno delle ricadute fondamentali per la psicoterapia perché evidenziano l’importanza delle emozioni intese come via di accesso alla coscienza di sé e degli schemi di significato, per mezzo dei quali modelliamo il nostro rapporto con l’ambiente (Fedeli, 2006).

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