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Mindfulness

Ti succede spesso di dimenticare il nome di chi ti si è appena presentato? Dove hai parcheggiato l’auto? O il motivo per cui ti sei recato in una stanza? Ti è capitato di pensare alle vacanze quando sei al lavoro e viceversa, quando sei in vacanza di pensare al ritorno dalle ferie?

Se hai risposto si ad almeno una di queste domande hai provato l’esperienza di Mindfulnessness, ovvero il contrario della Mindfulness. Queste sviste sono frequenti e sono causate dall’inserimento del cosiddetto “pilota automatico” che erroneamente ci fa credere di consentirci la messa in atto di più azioni contemporaneamente. Il pilota automatico è sintomo che stai utilizzando la cosiddetta “modalità del fare” piuttosto che “la modalità dell’essere”. 

Hai presente quelle volte in cui non riesci proprio a stare fermo? A non fare? Questo accade perché questa modalità ci permette di non stare con i pensieri e i vissuti che ci creano sofferenza, o meglio, di trattarli come se fossero qualcosa di concreto, e quindi più controllabili e risolvibili. Il problema è che come diceva Einstein “Non possiamo risolvere i problemi con lo stesso tipo di pensiero che abbiamo usato quando li abbiamo creati”. 

 Infatti se per i problemi pratici e reali, pensare costantemente a “come fare” per risolverli spesso porta a una soluzione, questa strategia non funziona per risolvere i problemi emotivi che hanno come oggetto i pensieri, che costituiscono una realtà soggettiva, ovvero dipendente da chi li pensa. Ti dirò di più, questa strategia è spesso controproducente, poiché più penserai il problema più lo alimenterai, finendo per incorrere nel cosiddetto “rimuginio”.

Tuttavia la modalità del fare è molto diffusa perché in una società come la nostra improntata a una sorta di “materialismo” delle soluzioni e delle problematiche, al “pragmatismo”, ci fa sentire più adeguati, produttivi e soprattutto meno in colpa. Basti pensare al ruolo marginario del professionista della salute mentale rispetto a quelli della salute fisica, che per anni ha caratterizzato (e purtroppo ancora caratterizza) la nostra società.  Il problema è che (piaccia o no a noi e alla società) spesso ciò che ci affligge sono problemi non reali (per realtà intendo entità fisiche e concrete), ovvero i pensieri.  E se ci ostiniamo a risolverli con una strategia inappropriata, solo perché ci fa sentire più “pragmatici” e adeguati finiamo per peggiorarli.  La modalità del fare non è infatti migliore o peggiore di quella dell’essere come dice lo stesso Kabat-Zinn, è solamente diversa, ma non è utile per tutti i tipi di problemi e obiettivi da raggiungere. E benchè i pensieri non siano la realtà è reale invece la sofferenza che possono causare, quindi occorre occuparsene.  Pensare sempre in termini di oggetti fisici, ci fa perdere di vista i soggetti (come soggetti pensanti). 

Se non ti ho ancora convinto e stai pensando che non hai scelta per poter essere produttivo ti invito a leggere le prossime righe. 

E’ convinzione comune che il multitasking sia una vera e propria necessità per il mondo moderno (quindi non sei strano!) Allora se il tuo obiettivo è l’efficienza iniziamo con lo sfatare il mito dell’efficacia del multitasking, in cui soprattutto le donne sono famose per averne il primato! L’American Psychological Association ha dimostrato infatti con una sua ricerca che la nostra idea di multitasking è inefficace e addirittura controproducente. Dave Crenshaw specifica che quando siamo convinti di fare multitasking in realtà stiamo facendo Switch tasking, ovvero un passaggio ultrarapido da un’attività all’altra. Inoltre uno studio di Stanford ha messo in luce come i presunti multitasker abbiano un rendimento inferiore e curve di attenzione più basse. Per quantificare questo inutile spreco di energie è stato stimato che tale pratica riduce la produttività del 40% rispetto al concentrarsi su un compito alla volta. Gli esperimenti hanno infatti dimostrato che quando passiamo rapidamente da un’azione a un’altra il nostro pensiero non si sposta di pari passo, ma rimane ancorato all’attività precedente, pertanto il nostro cervello è costretto a gestire questa distrazione cosi che il carico cognitivo diventa sempre più pesante e fonte di stress. Questa sensazione di sovraccarico ti sarà certamente familiare, se eri (spero non più) un convinto Multi tasker! Ebbene da oggi sai che questo prezzo da pagare non ti è nemmeno utile al tuo obiettivo

Qual è la soluzione? Innanzitutto decidere dove concentrare la nostra attenzione, che non è infinita e soggetta quindi ad esaurimento (come noi stessi se non teniamo conto di ciò!). Dove concentrarla se non sul momento presente, che è l’unica certezza che abbiamo e l’unico momento su cui possiamo agire?  “Il qui e ora” infatti è l’unico spazio in cui si svolge la vita reale, sebbene ciò possa non apparire di immediata comprensione in quanto la tendenza dell’uomo moderno è quella di vivere nell’“era della distrazione”. Uno studio dell’Università di Harward ci dice che passiamo il 50% delle ore di veglia a pensare a qualcosa di diverso da ciò che stiamo facendo. Dal passato possiamo trarre insegnamenti ma non possiamo riviverlo, mentre nel futuro possiamo solo sperare, anche se non abbiamo la certezza che ve ne sia uno. Se il nostro pensiero si blocca nel passato rischiamo di intrappolarlo in un rimuginio continuo che può sfociare in depressione; se si blocca nel futuro il nostro pensiero può cadere vittima di continue preoccupazioni e determinare problematiche d’ansia.

 

Cosa puoi fare per allenarti a stare nel qui e ora?
La Mindfulness è ciò che ti può venire in aiuto

Come puoi fare per allenarti a stare nel qui ed ora? La Mindfulness è ciò che ti può venire in aiuto. 

L’approccio mindfulness deriva dalla psicologia buddista e parte dalle cosiddette Quattro Nobili Verità (o semplicemente, da 4 presupposti):

  • La sofferenza fa parte della natura dell’esistenza umana 
  • L’origine della sofferenza è l’attaccamento, l’avversione e la visione errata
  • La cessazione della sofferenza è possibile
  • Il percorso per la cessazione della sofferenza esiste ed è costituito dall’Ottuplice Sentiero.

Tale approccio è diventato più fruibile all’occidente quando Kabat- Zinn è riuscito a definire in modo semplice e pragmatico questi presupposti buddisti. La mindfulness può essere intesa come atteggiamento, come tecnica e come obiettivo finale. Essa consiste in un atteggiamento laico, in quanto ognuno di noi lo possiede tra le proprie potenzialità a prescindere dalla cultura e dalla religione praticata o non praticata

Con il buddismo siamo di fronte al primo tentativo di affrontare il dolore attraverso una teoria della mente basata sull’osservazione della realtà piuttosto che sulle assunzioni religiose. 

La Mindfulness è anche una tecnica che ci consente di sviluppare la capacità di prestare attenzione al momento presente con intenzionalità e senza giudizio. Infine la Mindfulness può essere considerata essa stessa tale capacità.  

Esistono principalmente due modi di praticare la Mindfulness: la pratica informale e quella formale.

Il primo consiste nel vivere le azioni quotidiane con un atteggiamento mindfulness, il secondo nel ritagliarsi specifici momenti da dedicare allo sviluppo di tale atteggiamento.

 La Mindfulness all’interno della CBT è intesa come strumento per sbloccare il pieno potenziale della specie umana (Didonna, 2009; Kabat-Zinn, 2009). La nostra mente tende a creare una comprensione statica delle cose e crede che l’oggetto della nostra consapevolezza sia evidente anche agli altri e che possa esistere anche senza la mente che lo ha pensato, creato e percepito. CBT e psicologia Buddista credono entrambe che la sofferenza derivi da questa incomprensione della realtà che fa sì che l’individuo rimanga profondamente deluso quando si scontra involontariamente con la realtà. Questa delusione può condurre a sua volta a comportamenti abituali disfunzionali nel tentativo di ripristinare l’illusione portando l’individuo a rimanerne intrappolato.

 Attraverso la Mindfulness possono essere compresi e chiariti tre aspetti dell’esistenza, noti come i Tre Sigilli del Dharma e sono: l’impermanenza, il non sé e la sofferenza che deriva dalle illusioni relativi ai primi due.

Il training Mindfulness nella psicologia Buddhista si compone di 4 elementi fondamentali, noti come Satipatthana:

  • Kaya-sati: mindfulness del corpo
  • Vedana-sati: mindfulness delle sensazioni
  • Sé-sati: mindfulness della mente o della cognizione
  • Dhamma- sati: mindfulness dei fenomeni mentali

Poiché la consapevolezza dei propri pensieri, percezioni, emozioni e di come le emozioni si manifestano nel corpo sono gli obiettivi primari della CBT nonché i mezzi della terapia stessa, ne deriva che il training mindfulness si possa ben adattare con gli interventi CBT. La mindfulness è considerata alla base della terza generazione della CBT, dopo quella comportamentista e quella cognitiva. 

L’efficacia di cbt e mindfulness è riscontrabile nel potere che hanno di creare nuove reti neuronali (nuove sinapsi) che corrispondono alla creazione di nuovi stati neurali, più funzionali. Per fare una metafora è come se si costruissero nuove strade da poter percorrere nel nostro cervello per raggiungere i nostri obiettivi, dopo anni passati a percorrere la stessa, che seppur meno funzionale, ormai viene imboccata in modo automatico, semplicemente per abitudine. 

 Ad esempio ritroviamo la mindfulness del corpo nel trattamento per il panico, in cui l’esposizione enterocettiva mira a modificare le associazioni automatiche e disfunzionali tra modificazioni del corpo e risposte di paura. 

La mindfulness delle sensazioni è riscontrabile nel primo step della tecnica utilizzata nella CBT per la modulazione delle emozioni che consiste nell’individuarle ed etichettarle. L’etichettamento delle emozioni si è dimostrata infatti una tecnica efficace nell’interrompere la risposta emotiva automatica e nel ridurre l’intensità e la durata di un’emozione (Lieberman et al., 2007). 

Per quanto riguarda la mindfulness della cognizione, analogamente a molte terapie cognitivo- comportamentali, essa si basa sul prendere coscienza di come il pensiero influenza la nostra esperienza. Infine la mindfulness dei fenomeni mentali si basa sul fatto che nulla esiste senza colui che lo percepisce. Pertanto i fenomeni (ovvero ciò che ci appare) vanno intesi come verità soggettive. Praticare questo quarto fondamento si è rivelato efficace nel ridurre significativamente i sintomi ansiosi e depressivi in pazienti con ansia generalizzata e disturbi di panico (Kabat-Zinn et all., 1992) e nel decremento della ruminazione e preoccupazione (Bishop et al, 2004; Hayes & Feldman, 2004; Roemer & Orsillo, 2002).

Studi sull'efficacia della Mindfulness

Ormai sono molti gli studi a supporto dell’efficacia della psicologia buddhista nell’alleviare la sofferenza, in particolare quando applicata all’interno della cornice CBT. Tale efficacia è espressa la maggior parte delle volte nei termini di applicazione della Mindfulness.

 In particolare il trattamento Mindfulness ha mostrato la propria efficacia nel miglioramento delle capacità attentive (Teasdale, Segal, Wil-liams, & Mark, 1995), nel facilitare la regolazione emotiva (Adele & Feldman, 2004; Hofmann et al., 2010; Leathy et al., 2011), nell’espandere la consapevolezza (Teasdale et al., 2002). In particolare la retta parola si è rivelato un’utile strumento per una comunicazione più efficace e per comportamenti meno reattivi nelle situazioni sociali (Wood, 2004) e il suo utilizzo risulta essere correlato positivamente con una miglior qualità della vita coniugale(collega a psi di coppia) (Vachi e Cordova, 2007) e una minore difensività verbale (Lakey et al., 2008). Praticare la retta azione consentirebbe invece di mantenere comportamenti orientati all’obiettivo anche in presenza di emozioni negative (Baer, Smith, Hopkins, Krietemeyer, & Taney, 2006). 

Le evidenze indicano inoltre un incremento di soddisfazione relazionale, dell’autonomia, dell’accettazione dell’altro e cambiamenti positivi che riguardano il rilassamento e il disagio psicologico. La Mindfulness come si evince ha un forte potere nel contrastare lo stress, e di conseguenza le patologie stress-correlate.

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