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Bonus Ristrutturazione Cognitiva: 3 consigli per ristrutturare la tua mente

Ti senti in bilico? Senti che il mondo ti crolla addosso? Le tue emozioni sono instabili? Lo sapevi che è possibile ristrutturare anche la tua mente? In questo articolo scoprirai come!

Nel precedente articolo abbiamo parlato del modello ABC della Terapia Cognitivo Comportamentale e di come esso può essere utile ad identificare le origini della propria sofferenza. In questo articolo, come ti avevo promesso, ci occuperemo delle strategie per modificare i pensieri disfunzionali e in particolare della Ristrutturazione Cognitiva.

Per modificare i pensieri disfunzionali possiamo utilizzare principalmente due tipi di strategie:

• Strategie top-down: fanno leva direttamente sui processi cognitivi, ovvero sul pensiero consapevole e verbalizzabile (processi espliciti) e si ripercuotono positivamente su quelli somatici, emotivi e comportamentali.

• Strategie bottom-up: fanno leva direttamente sui processi somatici e comportamentali (processi impliciti) e si ripercuotono indirettamente su quelli cognitivi ed emotivi, modificando le convinzioni disfunzionali.

La Ristrutturazione Cognitiva, com’è intuibile dal nome, è una tecnica top-down utilizzata in psicoterapia cognitiva.

Tale tecnica parte dal presupposto che gli eventi esterni non siano sufficienti a spiegare in maniera esaustiva l’intensità delle reazioni emotive, sensoriali e comportamentali di una persona di fronte a quel dato evento. Il rapporto causa-effetto tra gli eventi e le nostre reazioni è meglio comprensibile se tra loro introduciamo la rappresentazione soggettiva della realtà, ovvero i pensieri sull’evento. Non parleremo qui del fatto che esista o meno una realtà oggettiva, ma mi limiterò a considerare quanto è utile al nostro scopo, ovvero che la porzione di realtà soggettiva è l’unica parte di realtà su cui la persona può agire per migliorare la propria vita. In poche parole, se non c’è una soluzione alternativa non si pone il problema e non ci resta che l’accettazione. Il punto è che spesso la quota di realtà soggettiva è piuttosto ampia e altrettanto ampia è quindi la nostra possibilità di poter fare qualcosa, ovvero la nostra quota di “agency”. Ciò che determina la rappresentazione soggettiva della realtà è il pensiero, ovvero il dialogo che mettiamo in atto tra noi e noi stessi riguardo agli eventi.

Come abbiamo visto nell’articolo precedente, spesso può capitare che questo dialogo interiore, che trae le sue origini dalle esperienze precoci del bambino, si rivela disfunzionale ad affrontare le esperienze attuali. Spesso, i comportamenti e le emozioni che derivano dalle nostre convinzioni, instaurano circoli viziosi che portano a confermarle e quindi a consolidarle. Quando tali convinzioni sono irrazionali e disfunzionali possono determinare lo strutturarsi di veri e propri disturbi psicologici.

Ad esempio: se sono convinta che gli altri sono sempre pronti a criticare e che io sono una persona poco piacevole (convinzione disfunzionale), nelle situazioni sociali tenderò ad adottare atteggiamenti di evitamento che possono essere interpretati dall’altro come “altezzosità” e di conseguenza condurlo ad evitarmi facendo sì che io sia portata a confermare la mia tesi e a pensare erroneamente: “l’altro mi evita perché sono poco piacevole e perché è giudicante” piuttosto che “l’altro mi evita perché mi vede imbarazzato e (probabilmente) si è imbarazzato a sua volta” piuttosto che “l’altro mi evita perché interpreta la mia insicurezza come altezzosità”. Ciò che non ci permette di fare questo passaggio e quindi di vedere la realtà in modo più oggettivo e funzionale è l’inflessibilità delle nostre convinzioni disfunzionali. Se sono convinta della mia interpretazione, infatti, perché mai dovrei metterla in discussione?

L’esordio del sintomo, sebbene spiacevole, può essere un’occasione per cogliere la disfunzionalità di alcune convinzioni. Per fare un parallelismo è come se, portando occhiali con lenti gialle da quando siamo piccoli avessimo creduto fino ad oggi che il cielo è verde. Oggi ci si rompono casualmente gli occhiali. Siamo sbigottiti, increduli, disorientati: il cielo è blu. Questa discrepanza, sebbene inizialmente ci turbi, ci consente di mettere in discussione una falsa convinzione.

Sul piano clinico è utile distinguere tra:

• Convinzioni negative di base: idee apprese nella prima infanzia sulle quali si fondano l’immagine di sé, la propria autostima e l’auto accettazione. Tali convinzioni spesso pongono dubbi sul proprio valore, sull’accettabilità, sulla competenza, sull’amabilità, sulla possibilità di scelta personale, sull’efficacia e sulla sicurezza.

• Convinzioni negative primarie: riguardano sé stessi, gli altri e il futuro (Triade cognitiva di Beck). Attraverso queste convinzioni l’individuo rappresenta sé stesso in relazione agli altri e alla vita, ovvero rappresenta la sua “realtà” in modo disfunzionale. La persona non percepisce la soggettività della percezione e piuttosto crede che quello sia l’unico modo di vedere la realtà. Tali idee tendono a far percepire gli eventi in modo particolarmente negativo ed intenso, e di conseguenza, a creare “sintomi” emotivi, sensoriali e comportamentali.

• Convinzioni secondarie: sono le idee negative che riguardano il rapporto della persona con i propri sintomi e spesso ricalcano le convinzioni di base.

Ad esempio:

Convinzione di fondo: sono vulnerabile

Convinzione primaria: “Vorrei andare dalle mie amiche ma non posso uscire da sola”.

Conseguenze emotive e comportamentali: ansia, chiamo le mie amiche per chiedere loro di venirmi a prendere

Convinzioni secondarie: “Sono una sanguisuga! Prima o poi si stancheranno di me e rimarrò sola così se avrà bisogno non ci sarà nessuno!”.

Spesso l’individuo non è consapevole delle proprie convinzioni di fondo poiché per evitare le sensazioni spiacevoli derivanti dalle stesse, tenta di soffocarle sviluppando pensieri compensativi che a breve termine lo aiutano a difendersi da contenuti troppo dolorosi. Per poter mantenere tali pensieri compensativi l’individuo ingaggia una dura lotta contro sé stesso che lo allontana dal problema senza risolverlo e instaura una dipendenza da tali pensieri e dalle condizioni che gli permettono di confermarli, rendendolo estremamente stressato e vulnerabile.

Ad esempio: se sono convinta di non essere amabile potrei iniziare a frequentare partner diversi per provare a disconfermare questa mia convinzione dolorosa. Tale atteggiamento può predispormi a trovare partner non realmente interessati a me e a confermare quindi la mia idea di fondo o al contrario, a reagire in modo estremamente aggressivo quando, a prescindere dal rischio reale, percepirò che il partner non mi considera abbastanza portandolo a criticarmi.

Come è possibile vedere, la convinzioni disfunzionali, se non affrontate direttamente, agiscono comunque in modo indiretto ripresentandoci sempre e comunque il conto. Pertanto non ci resta che affrontare le convinzioni disfunzionali per liberarci dalla loro influenza negativa.

La Ristrutturazione Cognitiva mira a modificare le convinzioni disfunzionali di una persona e a sostituirle con altre ritenute più funzionali.

I passaggi fondamentali della ristrutturazione cognitiva possono essere così riassunti:

1. Identificare i pensieri disfunzionali tramite l’ABC (per approfondire leggi il mio articolo precedente).

2. Identificare il ruolo ricoperto dai pensieri disfunzionali. In particolare riconoscere se sono: convinzioni di base, convinzioni primarie, convinzioni secondarie o pensieri compensativi.

3. Decidere l’ordine con cui procedere alla ristrutturazione dei pensieri in base al loro effetto “bloccante”, all’impatto che hanno sulla vita della persona o alle difficoltà stimate nel modificare tale pensiero.

4. Inizio della Ristrutturazione Cognitiva attraverso la tecnica della Disputa (o Disputing). Attraverso la tecnica della disputa il terapeuta aiuta il paziente a mettere in discussione le proprie convinzioni disfunzionali (Attenzione: non mette in discussione il paziente ma le sue convinzioni disfunzionali!).

5. Verifica della Ristrutturazione Cognitiva tramite tecniche immaginative, e successivamente, nella vita reale.

Grazie alla Rational Emotive Imagery (REI) il terapeuta aiuta il paziente a verificare se le nuove credenze gli siano effettivamente più funzionali attraverso tecniche di immaginazione guidata che si fondano sul fatto che il cervello non distingue bene tra situazioni immaginate e situazioni reali.

All’ultima fase della Ristrutturazione Cognitiva segue spesso quella dell’esposizione in vivo. In questa fase si stila con il paziente una lista delle situazioni per lui critiche (individuate precedentemente tramite gli ABC) e proverà ad affrontarle applicando le nuove credenze funzionali fino a ché non si consolideranno e diventeranno più automatiche.

L’utilizzo di queste tecniche è fortemente raccomandato che avvenga all’interno di un percorso di psicoterapia ma ciò che puoi iniziare a fare fin da ora è mettere in discussione i tuoi pensieri disfunzionali (individuabili attraverso gli ABC) attraverso queste tre domande:

1. Quanto è vero da uno a 100 questo pensiero? Se è meno di 100 elenca le ipotesi alternative a tale pensiero e assegnagli una percentuale di probabilità (tecnica di relativizzazione del pensiero).

2. Prova a identificare persone che conosci che credi reagirebbero in un modo diverso dal tuo nella medesima situazione e chiediti per ciascuna di loro: quale pensiero, diverso dal mio, porterebbe questa persona ad agire in questo modo? (prima tecnica di decentramento).

3. Se questa cosa accadesse a un mio caro amico, gli direi le stesse cose che dico a me stesso? (seconda tecnica di decentramento)

A volte scoprire che le proprie convinzioni non sono del tutto esatte è un’ottima notizia perché ci dà la possibilità di scegliere la versione di realtà che ci permette di affrontare al meglio la vita!

Buon lavoro!

Articolo pubblicato su Vivere la Psicologia l0 14/01/22

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