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Le 3 dinamiche che ti incastrano in una relazione di dipendenza

Fin dai tempi antichi si narra dell’incompletezza dell’essere umano. L’idea che da soli non ci bastiamo è intrisa nella nostra società e può portare a pensare che il senso della nostra esistenza dipenda dagli altri e dal loro consenso.

Uno dei racconti più affascinanti che cerca di spiegare la continua ricerca nell’essere umano di una propria metà complementare è contenuto nel Simposio di Platone che recita: “Un tempo gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v’era la distinzione tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà…”.

La personalità dipendente incarna perfettamente questa ideologia portandola a tal punto da strutturare la propria vita in base alla paura di rimanere soli. Tale paura porta le relazioni in cui almeno uno dei due partner abbia una personalità dipendente ad essere caratterizzate da un’eterna correzione della distanza dall’altro, che è sempre troppa o troppo poca.

La storia dei due porcospini di Schopenhauer illustra bene il dilemma all’interno del quale la persona dipendente e il suo partner si sentono “incastrati” e la soluzione a cui sarebbe utile aspirare.

Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. Finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione”.

 

Il fatto che la persona dipendente si percepisca eternamente vincolata ad un’etero-regolazione emotiva fa sì che il suo partner debba continuamente occuparsi, per mantenere il rapporto, oltre che dell’autoregolazione propria anche della regolazione dell’altro. Se in un primo momento questo ruolo può far sentire l’altro importante, in un secondo momento può trasformarsi in peso difficile da gestire. La persona dipendente vede il partner come il detentore della propria sicurezza e questa posizione può avere diverse implicazioni: il partner può infatti utilizzare questa sua posizione per sostenere ma anche per manipolare.

Alcuni studi hanno evidenziato delle dinamiche ricorrenti nelle relazioni in cui almeno uno dei due partner ha una personalità dipendente.

Tali dinamiche prendono il nome di cicli interpersonali disfunzionali e si distinguono in: ciclo oblativo, il ciclo sado-masochista e ciclo-caotico disregolato (Dimaggio e Semerari, 2003).

  • Ciclo oblativo: tale ciclo è supportato dalla spiccata capacità dei soggetti con personalità dipendente di comprendere i bisogni dell’altro e di considerarli suoi in modo pressoché automatico. Tale capacità impedisce di differenziare gli scopi propri da quelli altrui. La persona dipendente percepirà di conseguenza in modo positivo il soddisfare i bisogni dell’altro che a sua volta godrà del piacere legato al potere di decidere e di investire le forze di entrambi sui propri bisogni. La persona dipendente non si renderà quindi conto della causa sottostante ai sintomi del proprio stato di oppressione o dello stato di coercizione, che verranno interpretati come eventi inspiegabili e improvvisi ai quali reagirà con la rabbia. Tale emozione porterà al senso di colpa la persona dipendente e la condurrà a riavvicinarsi alla persona mettendo nuovamente da parte i suoi bisogni, ancor più di prima. Il senso di colpa gioca un ruolo fondamentale per mantenere questo ciclo interpersonale.
  • Ciclo sado-masochista: questo ciclo tende a presentarsi quando la figura di riferimento della persona dipendente ha dei tratti basati sulla dominanza e il potere. In questi casi nel momento in cui scatta la rabbia nella persona dipendente che si sente sopraffatta dai bisogni altrui, la figura di riferimento, risentita, può aumentare gli atteggiamenti dispotici. A sua volta la persona dipendente, portata dalla sua tendenza ad auto-attribuirsi tutte le responsabilità, a pensare che l’atteggiamento maltrattante dell’altro sia indotto esclusivamente dal proprio comportamento esagerato e sbagliato, aumenterà gli atteggiamenti di sottomissione.
  • Ciclo caotico-disregolato: tale ciclo si instaura quando il soggetto dipendente fa fatica a comprendere la mente dell’altro e tende a compensare tale difficoltà chiedendo costantemente rassicurazioni e consigli. Il ruolo del partner oscilla tra l’essere disponibile e il tentativo di allontanarsi perché esasperato dalle continue richieste di rassicurazione. Tali oscillazioni aumentano la percezione di instabilità nella persona dipendente che aumenterà a sua volta il controllo e le richieste di rassicurazione.

Il concetto di dipendenza non si contrappone a quello di indipendenza, contrariamente a ciò che si può pensare. Un’indipendenza autentica poggia, infatti, sulla capacità di dipendere dalle altre persone in modo flessibile e reciproco.

Articolo pubblicato su Vivere la Psicologia il 2/06/2022

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