Manipolazione affettiva e Gaslighting. I 4 segnali d’allarme per capire se sei vittima di manipolazione affettiva e i 10 passi per uscirne
La manipolazione affettiva è una forma di violenza psicologica difficile da riconoscere per chi ne è vittima poiché chi la mette in atto utilizza strategie subdole, al fine di trarre vantaggio per sé.
Fin da piccoli ci hanno insegnato a dubitare degli sconosciuti, ma raramente ci dicono che a volte il peggior nemico può essere qualcuno che pensiamo di conoscere molto bene e che proprio per questo motivo la nostra mente fa fatica ad identificare come pericoloso. Colui o colei che ci manipola è spesso infatti una persona molto vicina a noi, che sfrutta la conoscenza dei nostri punti deboli a suo esclusivo vantaggio in modo ambiguo e confondente. Sotto all’identikit del manipolatore affettivo si nasconde spesso un disturbo narcisistico di personalità che non risparmia alcuna categoria sociale, anagrafica e culturale. Per comodità in questo articolo ne parlerò al maschile, ma è bene sottolineare che esistono anche manipolatrici donne. La manipolazione affettiva consiste nell’esercitare un’influenza indebita su un’altra persona, attraverso l’utilizzo di una comunicazione ambigua che porta la vittima a dubitare delle proprie percezioni e delle proprie capacità, aumentandone lo stato di dipendenza dal carnefice che ha, come unico obiettivo, accrescere il proprio ego tramite lo sfruttamento altrui. Una volta resa la vittima dipendente dal suo potere, potrà sfruttarla fino all’osso. Capire se si è vittime di una manipolazione affettiva non è così semplice poiché il manipolatore camuffa i suoi intenti malevoli attraverso alcune strategie che vedremo, a breve, riassunte nelle tre fasi della manipolazione.
Tuttavia, ci sono degli indicatori che devono farci insospettire, vediamone alcuni:
• Doppia dipendenza. Il narcisista ha bisogno della sua vittima non perché la ama, ma poiché senza di lei non potrebbe dar nutrimento al suo potere. A questo fine il manipolatore sviluppa fin da giovanissimo strategie volte a far credere agli altri di non poter fare a meno di lui. La sua vittima perfetta è per questo il dipendente affettivo. Il manipolatore va ad agire sull’autostima già fragile della vittima, insinuando in essa la sensazione di non potersi fidare più di se stessa e della propria percezione delle cose e quindi anche dell’eventuale percezione di non essere rispettati dal manipolatore stesso. Quest’ultimo instaura così lo scenario perfetto per mettere in azione il suo piano malevolo.
• Affetto vs sfruttamento. La vittima tende a scambiare il bisogno narcisistico del manipolatore di mantenere il controllo sulla vittima per affetto e cerca disperatamente di essere considerata e apprezzata, prestandosi ad ogni richiesta. La verità è che la vittima verrà sempre e solo vista per gli scopi del manipolatore perché il narcisista maligno non è in grado di provare affetto, senso di colpa ed empatia. Potete essere felici o depressi ma per lui ciò che conta è che non interferite con il suo bisogno ipertrofico di autostima.
• Non esiste reciprocità. Se la vostra è una relazione a senso unico dove voi date e l’altro prende e siete visti esclusivamente in funzione di quanto siete disponibili a dare o fare per lui, insospettitevi. Il manipolatore prende e pretende: se non date sarà pronto a rinfacciarvi di non aver svolto il vostro dovere, facendovi sentire in colpa e riportandovi nel ruolo che a lui serve per sentirsi superiore. Ricordate un dettaglio fondamentale: siete importanti per il manipolatore…ma nella misura in cui gli siete utili a nutrire la sua fragilissima autostima.
• Vergogna vs senso di colpa. Come già scritto, il narcisista maligno è incapace di provare senso di colpa ma può sperimentare vergogna, emozione che teme tantissimo. Sia la vergogna che il senso di colpa ci segnalano che nel nostro comportamento c’è qualcosa che non va, ma ciò che le differenzia è l’oggetto verso il quale si orientano. La vergogna è rivolta verso se stessi ed implica un giudizio globale su di sé, mentre il senso di colpa è rivolto agli altri che debbono subire le conseguenze di un nostro comportamento. Se proviamo vergogna saremo preoccupati per le conseguenze che il nostro comportamento avrà sull’immagine che gli altri avranno di noi; se proviamo senso di colpa saremo invece preoccupati per le conseguenze che gli altri avranno in seguito al nostro comportamento.
Come nasce un narciso
Nell’infanzia di quello che diverrà un narcisista è spesso presente una figura genitoriale anaffettiva, che tende a trattare il figlio in modo adultizzante e a punirlo qualora non si riveli all’altezza dei compiti (non appropriati alla sua età) assegnatigli. L’autostima del bambino è così ridotta ai minimi termini, fondandone il bisogno patologico di compensare questo grave deficit. Poiché l’impegno per questi bambini non è mai gratificante o riconosciuto, si ritrovano a tentare di nutrire l’autostima attraverso la manipolazione. La manipolazione è volta da un lato a nutrire il bisogno di essere ammirato, apprezzato e visto; dall’altro a negare il sentimento di invidia, tramite la svalutazione dell’altro, poiché provare tale emozione lo riporterebbe a contattare un’autostima troppo fragile da gestire. Il narcisista teme di legarsi a qualcun altro poiché da piccolo questo ha significato per lui dipendere da qualcuno da cui si è sentito maltrattato, umiliato e a volte abbandonato. Per cercare di preservare la sua fragile autostima, il narcisista maligno ricorre all’utilizzo di alcuni meccanismi di difesa:
-Scissione: il narcisista non riesce a vedere le persone nella loro interezza e le classifica, a seconda che lo assecondino o meno nei suoi intenti, come buone o cattive. Se sei buono, secondo i suoi parametri, il narcisista ti idealizzerà; se sei cattivo ti svaluterà fino ad annientarti.
-Dissociazione: i narcisisti tendono a rimuovere più o meno inconsapevolmente, dalla loro coscienza, tutto ciò che non gli torna utile. -Razionalizzazione: i narcisisti negano l’evidenza dei loro fallimenti, camuffandoli dietro a spiegazioni apparentemente logiche e razionali.
-Proiezione: il narcisista porta la vittima a sentirsi in colpa per atteggiamenti messi in atto da lui stesso, di cui non si assume la responsabilità, al fine di preservare un’immagine di sé perfetta.
-Negazione: il narcisista, per evitare il contatto con le proprie fragilità, è pronto a negare qualsiasi emozione e/o sentimento che gli risulti scomodo.
Le tre fasi della manipolazione affettiva:
1. Love bombing
In questa prima fase la sensazione principale della vittima sarà: “Troppo bello per essere vero!”. Il manipolatore si presenterà infatti come tutto ciò che avete desiderato da sempre, “bombardandovi” letteralmente di attenzioni. Quanto dura questa fase? Fintantoché non sarete caduti nella sua trappola, che prevede di diventare indispensabile per voi e che voi vi fidiate ciecamente di lui. Quando il manipolatore avrà verificato che ciò sarà accaduto, sottoponendovi a piccoli “test”, passerà alla seconda fase.
2. Gaslighting.
In questa fase il manipolatore, inizia a far dubitare di se stessa e delle proprie facoltà mentali la vittima, attraverso una specifica forma di violenza psicologica che prende il nome dal film Gas Light (1944), tratto dall’opera teatrale Angel Street del 1938. In questo film la protagonista è vittima del Gaslighting messo in atto da parte del marito che, per derubarla dei gioielli di famiglia, provoca un calo notturno della luce a gas di cui lei si accorge. Il marito le fa credere che sia tutto frutto della sua immaginazione e attraverso la manipolazione di alcuni aspetti della routine la porta a dubitare delle proprie percezioni fino a farla impazzire. Questo tipo di manipolazione psicologica messa in atto dal manipolatore ha come obiettivo quello di portare la vittima a dargli sempre ragione e di avere sempre il controllo su di essa, che a sua volta affida al manipolatore il suo senso di realtà percepito sempre più come fragile ed inaffidabile. La strategia del Gaslighting prevede il negare l’evidenza, dare false informazioni, manipolare l’ambiente ed utilizzare espressioni verbali che patologizzano la vittima (ad esempio “sei matta!”, “non capisci”, “ti confondi”, “vedi cose che non esistono” ecc..), fino a convincerla di essere pazza e a non fidarsi delle proprie percezioni. Il fatto che la vittima perda la fiducia in sé costituisce uno dei motivi per cui poi fa fatica a svincolarsi dal rapporto patologico con il narcisista denunciandone le violenze, per paura di non essere creduta o di perdere l’unico punto di riferimento (patologico) rimastole.
3. Annichilimento.
La vittima diventa completamente passiva e ogni aspetto della sua vita ruota intorno alle richieste, implicite ed esplicite, del manipolatore. L’autostima è talmente fragile da non riuscire più a sostenere la vittima in alcun intento di autoaffermazione. La vittima è ciò che il manipolatore vuole che sia e lei lo asseconda per limitare la propria sofferenza per quanto possibile. In questa fase la vittima ha la percezione di non avere scampo ed è spesso affetta da grave depressione che nei casi peggiori può portare anche al suicidio.
10 passi per svincolarsi da un manipolatore affettivo
1. Riconosci i segnali d’allarme
2. Sappi che un manipolatore affettivo non cambierà né con l’amore, né con l’impegno, né per magia. Non cambierà.
3. Ricordati che è sempre possibile chiudere un rapporto: se puoi allontana subito queste persone dalla tua vita, altrimenti passa al punto successiv
4. Fidati di te stesso e delle tue percezioni
5. Chiedi aiuto
6. Interrompi le conversazioni con il manipolatore quando hai la sensazione di perdere il filo
7. Non raccontargli delle tue fragilità: le userà contro di te
8. Non cadere nella trappola della spiegazione: il suo intento non è capire
9. Ascolta la tua rabbia e cosa ha da dirti (il che non significa agirla anche perché il manipolatore sarà pronto a farvi sentire in colpa)
0. Non farti sentire debole e fai di tutto per non sentirtici tu per primo. Investi sulle 4 A: assertività, autonomia, autoefficacia e autostima.
Articolo pubblicato su Vivere la Psicologia l0 08/10/21