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Vive bene chi pensa meglio! 7 modi di pensare dannosi e come contrastarli

Pensare ci può far sentire tanto liberi quanto in trappola, anche a distanza di pochi secondi. Sarà capitato anche a te di cercare di smettere di pensare a qualcosa. La brutta notizia è che è impossibile riuscire a smettere di pensare; quella buona è che, invece di perdere energie inutili in questo intento, è possibile decidere dove dirigere il nostro pensiero e, attraverso esso, la nostra vita. Se vuoi imparare a pensare in modo funzionale, vai direttamente al prossimo paragrafo; se invece sei ancora convinto di continuare con la tecnica della “cancellazione del pensiero” o quella della “distrazione”, ti invito a fare un esperimento insieme: prova a pensare a tutto ciò che vuoi, ma non pensare a una torta appena sfornata al cioccolato. Se non ci sei riuscito, prova ad impegnarti di più. Cosa accade nella tua mente? Proprio così: per non pensare ad una cosa devi necessariamente pensarla e questo accade con tutti i tipi di pensiero, anche con le preoccupazioni che, a forza di pensare ad arginarle, diventano più grandi.

Pensare è come respirare, lo facciamo continuamente ma ci accorgiamo di queste “attività” solo quando non funzionano come vorremmo.

Il pensiero è il linguaggio della mente. Poiché la mente è la nostra finestra sul mondo esterno, il pensiero è responsabile della forma che il mondo ha per noi. Siamo costantemente immersi in un mondo che cerchiamo di comprendere attraverso categorie. Tali categorie si formano attraverso l’esperienza e se è vero che un oggetto con quattro gambe, un sedile e uno schienale è semplice da far rientrare nella categoria “sedia”, altre esperienze sono molto più difficili da etichettare. Il punto è che non esiste quasi mai una verità oggettiva, poiché la realtà in cui viviamo è sempre frutto di interpretazioni più o meno soggettive. Ciò che è vero per noi non lo è per altri, e viceversa, e questo è semplicemente il frutto di una coerenza che la mente tende a mantenere di fronte a stimoli e informazioni contrastanti con cui ha a che fare costantemente. La mente, per il cosiddetto “principio dell’economia psichica”, tende infatti ad escludere dalla coscienza le informazioni che andrebbero a contrastare le proprie convinzioni, così da permetterci di mantenere un sé coeso. Ecco svelato il perché facciamo così fatica a tollerare di venire contraddetti! Lo so, la cosa più logica sarebbe quella di cambiare modo di pensare e mettersi in discussione, ma fare così è più “economico” e la nostra mente tende a “risparmiare energie”.

Ti è mai capitato che qualcuno, o tu stessa/o, abbia rivisto le proprie idee sulla vita, rendendola migliore, dopo un evento molto impattante? Questo accade perché la mente non si mette in discussione a meno che non sia costretta a farlo o, diciamo.. , “fortemente raccomandata” a farlo. No, non c’è bisogno che attendi un evento impattante per vivere al meglio delle tue potenzialità, puoi oggi stesso decidere di farlo in modo consapevole, prendendo atto di quali sono gli errori di pensiero a cui vai incontro più spesso. I pensieri disfunzionali seguono schemi relativamente identificabili e prevedibili. Quando una persona tende a rappresentarsi la realtà in modo sistematicamente distorto, si parla di distorsioni cognitive o bias cognitivi. Essi sono frutto dell’approssimazione che la mente fa della realtà e sono tanto più disfunzionali quanto più sono rigidi.

Qui di seguito vedremo le tipologie di distorsioni cognitive più diffuse e come ognuna di esse influenza il nostro modo di vedere le cose e, di conseguenza, la nostra vita. Troverai anche alcuni utili consigli per contrastarle e prevenirle.

1. Pensiero dicotomico: una vita in bianco e nero

E’ presente quando si pensa in termini di “va tutto bene o tutto male”, quando “o sono sano o sono malato”, “o sono tranquillo o sono in panico”, quando l’altro “è buono o cattivo” ecc.. Quando è attiva questa modalità è come se nella vita esistessero solo gli estremi e non le sfumature intermedie. Questo atteggiamento implica, per chi la utilizza (e soprattutto in chi ne abusa), il non riuscire a cogliere tante possibilità presenti solo per il fatto che non sono drastiche e di conseguenza l’esperire tendenzialmente solo emozioni estreme.

Semplificare i bisogni, i sentimenti, le azioni umane, le persone e tanto altro entro categorie, è come ridurre la realtà a un’immagine in bianco e nero e impedirne, di conseguenza, una corretta comprensione.

Per contrastare questa modalità, impara a ragionare in termini di percentuali, sfumature e non più in termini assoluti. Pensa ai colori: i primari sono solo 3 più il bianco e il nero, il resto sono sfumature.

2. Generalizzazione: fare di tutta l’erba un fascio

E’ attiva quando iniziano a comparire nel tuo dialogo interiore i termini: “mai, sempre, tutto, nulla, sei, sono..”. Tale modalità è alla base dei pregiudizi e dell’atteggiamento a rinunciare ad agire al primo insuccesso, poiché si generalizza quest’ultimo a tutta la propria vita o alla propria persona o agli altri, senza tenere conto del contesto specifico.

Per contrastare tale modalità, impara a contestualizzare ed a circoscrivere il giudizio, utilizzando termini come: spesso, alcune persone, certe volte, quella volta, ecc.. e a portare esempi specifici.

3. Lettura della mente: “So esattamente quello che pensi!”

Questa distorsione cognitiva consiste nell’essere convinti di sapere cosa l’altro stia pensando. Questo bias è molto pericoloso perché impedisce di verificare la veridicità delle proprie ipotesi chiedendo spiegazioni, proprio perché vengono considerate, erroneamente, certezze. Come potrai immaginare, molti rapporti vengono minati da questo atteggiamento.

Puoi contrastare questo atteggiamento partendo dal presupposto che, di fronte allo stesso evento, le persone possono avere pensieri molto differenti tra di loro in virtù delle esperienze diverse che hanno avuto e, in generale, non dare mai nulla per scontato, verifica sempre.

Prova a fare un esercizio: quando ti succede qualcosa di spiacevole e ti vengono in mente interpretazioni negative, prova a scrivere tutte le interpretazioni alternative che ti vengono in mente e magari chiedi a qualcun altro di aiutarti, potresti rimanere sbalordito dalla differenza di visioni che emergono sullo stesso fenomeno!

4. Catastrofizzazione: “Penso al peggio così sarò preparato al meglio”

Mark Twain scrisse: “Ho sofferto di molte disgrazie che non sono mai successe”.

Probabilmente hai già capito bene quali sono le insidie nascoste in questo bias cognitivo.

Tale errore di pensiero consiste nell’avere la tendenza a prevedere la peggiore delle ipotesi, è caratterizzata dalla confusione tra i concetti di possibilità e di probabilità (o meglio di certezza) e si può riassumere nella formula: possibile x negativo = certo.

Tale bias è molto diffuso in virtù del fatto che la nostra mente è stata “programmata” (e non si è aggiornata a dovere) ai tempi e ai contesti dei nostri antenati che, per sopravvivere nelle caverne, dovevano pensare alla peggiore delle possibilità. E’ giusto essere prudenti, ma un conto è la prudenza altro è la catastrofizzazione, poiché la prima consente la sopravvivenza, la seconda porta a rovinarsi l’esistenza, in nome di qualcosa di negativo che non si sa se accadrà mai.

Convincersi di essere baciati dalla sfortuna ci rende la vita meno soddisfacente nel momento stesso in cui lo pensiamo, dando luogo così alla profezia che si autoavvera.

5. Ragionamento emotivo: “Me lo sento che andrà male!”

Si parla di ragionamento emotivo quando la rappresentazione della realtà si basa esclusivamente, o principalmente, sulle proprie emozioni (soprattutto quelle negative!) e ci si comporta di conseguenza. Le nostre emozioni ci danno informazioni fondamentali sui nostri bisogni e le nostre paure, ma non sono sufficienti a cogliere la realtà poiché la mettono sempre in relazione a noi.

Ci si comporta come se l’intensità dello stato emotivo fosse proporzionale alla gravità della situazione. Prova a pensare a tutte le volte che hai pensato: “se lo sapevo non mi sarei preoccupato così tanto!” Questo bias cognitivo va a braccetto con la catastrofizzazione. Entrambe queste modalità di pensiero sono mantenute dal fatto che, pensando sempre al peggio, le poche volte che esso accade realmente, la mente ne approfitta per dirsi: “vedi, facevo bene a pensare così!” mentre, tutte le volte che il peggio non accade, la mente, impegnata a catastrofizzare, non lo nota. Già, perché la mente, come ti ho detto prima, tende a non voler cambiare idea e a questo proposito utilizza la prossima distorsione cognitiva: l’attenzione selettiva!

6. Attenzione selettiva o “filtraggio”: “Chi cerca trova!”

Se fossi a passeggio in una grande città alle 9 di mattina, probabilmente noteresti i suoi bellissimi caffè; se ci dovessi capitare alle 13, noteresti molto probabilmente i suoi tantissimi ristoranti mentre, se ci passassi alle 11 di sera, forse vedresti le insegne degli hotel o dei pub se sei più da ore piccole. La città è sempre la stessa, ma cambia aspetto a seconda dell’assetto della mente di chi la osserva. Tale bias cognitivo porta a prestare attenzione alle informazioni ambientali che sono già presenti nei pensieri di chi la osserva. I pensieri, a loro volta, sono determinati dalle proprie convinzioni e dalle convenzioni culturali. Pertanto tenderemo a notare ciò che più conferma il nostro modo di vedere le cose e, al contrario, saremo portati ad escludere le informazioni che contrastano con tali convinzioni, informazioni che ci permetterebbero di spezzare il circolo vizioso del “chi cerca trova” che si attiva anche quando, disgraziatamente, cerchi aspetti negativi della realtà.

Facciamo un esempio. Se sono convinto di non avere un bell’aspetto e di essere continuamente giudicato, tenderò a notare tutti quelli che mi osservano e a tralasciare chi non lo fa. Così mi aumenterà l’ansia, sarò di conseguenza più impacciato e, probabilmente, mi noteranno più facilmente.

E il misfatto è compiuto (profezia che si auto-avvera!). Tenendo conto che non posso sapere quali siano le tue convinzioni e quindi i tuoi pensieri, ma avendo molto probabilmente il retaggio culturale occidentale in comune che tende a focalizzarsi sul negativo e a dare per scontato il positivo, posso immaginare che la tua attenzione selettiva possa portarti a pensieri che poggiano su queste tendenze. Ad esempio con la salute: tendenzialmente non ci accorgiamo di averla finché non stiamo male. Oppure: se ti comporti bene hai fatto il tuo dovere ma se sbagli, si salvi chi può!

Per contrastare questa distorsione cognitiva, prova a tenere un diario in cui ogni sera tu possa annotare in breve tutte le cose positive che hai fatto o che ti hanno stupito durante il giorno. Addestrerai così la tua mente a cogliere maggiormente gli aspetti positivi e il tuo corpo a godere degli effetti di emozioni più piacevoli.

7. Doverizzazione: “Prima il dovere e poi.. il dovere”

La società, la religione, la famiglia e la scuola ci hanno trasmesso, spesso in modo inconsapevole, norme che regolano il nostro comportamento e noi le abbiamo assimilate in modo acritico senza domandarci se fossero adatte a noi e ai nostri valori (pur nel rispetto degli altri, s’intende).

Tali norme producono doveri e, di conseguenza, i sensi di colpa. Tenendo conto che la cultura occidentale tende ad esaltare caratteristiche estreme come il perfezionismo, l’efficienza, il multitasking, l’ipercontrollo solo per dirne alcune, ne segue che le norme andranno in tali direzioni, che spesso non coincidono con le esigenze del singolo individuo. Le persone si ritrovano così a combattere contro il senso di colpa per rispettare le proprie inclinazioni, i propri bisogni e limiti, come se la normalità fosse non averli. Va bene essere performanti, ma l’eccessiva doverizzazione ci allontana dai nostri bisogni che, in quanto “esseri umani”, sono diversi da quelli a cui ci hanno “indottrinato”, destinandoci a continuo stress, frustrazione e senso di colpa.

Come prendere le distanze da questo bias cognitivo? Prendi un’agenda e usa un’ app di appunti per segnarti tutte le volte che pronunci il pensiero “devo”, durante la giornata. Fai un’analisi critica delle “regole” a cui decidi di aderire. Sostituisci il verbo devo con il verbo “preferisco”, assumendoti la responsabilità di riconoscerti in quella norma.

E’ probabile che ti ritroverai in più di una, o in tutte queste distorsioni cognitive, poiché tali meccanismi sono normali e costituiscono la deriva di alcune funzioni mentali utili, nonché il “costo” da pagare per consentire alla mente di semplificare la realtà. Il punto è essere consapevoli che la mappa è utile, ma non corrisponde al territorio! Pertanto è essenziale conoscere questi meccanismi per riconoscerli e distinguerli dalla realtà oggettiva!

Per tornare alla metafora iniziale, se la mente è la nostra finestra sul mondo e ha i vetri rossi, vedremo un mondo tendenzialmente sempre rosso e non ci accorgeremo che quel colore è frutto di un “inganno” solo finché non saremo consapevoli del colore delle nostre lenti. Solo a quel punto potremmo decidere se sostituire i vetri, ovvero di contrastare le distorsioni cognitive, che limitano la visuale della nostra “finestra sul mondo” o se continuare a lasciare che agiscano indisturbate.

Articolo pubblicato su Vivere la Psicologia il 23/4/21

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